Arbore e lo Scudetto del Napoli: "L'ho vissuto con De Crescenzo, vi racconto il retroscena"
Il Maestro svela l'emozione "quasi commovente" del quarto tricolore azzurro, tra la scaramanzia e il ricordo vivo dell'amico filosof

Una serata di attesa febbrile, di tensione che si tagliava a fette, culminata nell'esplosione di gioia per il quarto Scudetto del Napoli. Ma per Renzo Arbore, quella partita non è stata solo un evento sportivo epocale; è stata un'esperienza profondamente intima, vissuta con un compagno di tifo davvero speciale: il ricordo vivo, pulsante, dell'amico fraterno Luciano De Crescenzo. "Quasi commosso", il Maestro apre il libro dei suoi sentimenti, raccontando un'emozione doppia, dove l'orgoglio per il trionfo azzurro si fonde con la dolce nostalgia per l'ingegnere-filosofo con cui aveva brindato al primo, storico titolo.
Un legame, quello di Arbore con i colori azzurri, nato ai tempi lontani di Jeppson – o "Jeppsòn", come amava sottolineare De Crescenzo con la sua inconfondibile verve – e cementatosi proprio grazie a Luciano, che trasformò una semplice simpatia in una fede incrollabile. Una fede vissuta con sacralità: durante le partite del suo Napoli, Luciano esigeva il silenzio più assoluto, una concentrazione quasi mistica. "Ieri ho patito assieme a lui", confessa Arbore, lasciando intendere un filo diretto, un dialogo mai interrotto con l'amico scomparso.

"Luciano Era Accanto a Me": I Retroscena di una Notte Tricolore Vissuta in Due
"Ho visto la partita in una compagnia davvero speciale... assieme a Luciano De Crescenzo, e sì, mi sono quasi commosso", ammette Renzo Arbore, la voce che tradisce un'emozione sincera. "Al primo scudetto eravamo insieme, fianco a fianco. Come potevo escluderlo proprio ora, al quarto? Ho guardato ogni istante della gara con lui qui, accanto a me, e continuavo a pensare: 'Cosa sentirebbe Luciano in questo momento? Cosa direbbe adesso?'".
E i "retroscena" di questo tifo condiviso sono ricchi di dettagli affettuosi: "Ah, qui Luciano sarebbe certamente in preda all'ansia più nera, qui si sarebbe arrabbiato da morire per quel passaggio sbagliato!'. Attraverso Luciano sono diventato un tifoso vero, perché lui era 'troppo' tifoso del Napoli. Durante le partite, come dicevo, guai a chi fiatava, guai a interrompere quel suo silenzio religioso. Era una necessità per lui, un rito".

Scaramanzia, Batticuore e la Liberazione Finale: "Un Trionfo Dedicato a Lui"
La tensione della partita decisiva si è fatta sentire, eccome. "Ieri sera ho patito intensamente, proprio come se Luciano fosse qui con me", continua il Maestro. "E sono stato scaramantico più di ogni napoletano, più di quelli che, con una fiducia che un po' invidiavo, avevano già ricamato il numero 4 sulle bandiere ben prima del fischio finale. Ho sofferto con lui l'attesa spasmodica, quell'ansia che ti mozza il respiro. E credetemi, alla mia età le emozioni così forti devono essere gestite con grande cautela, perché possono fare brutti scherzi alla salute!".
Poi, il boato liberatorio. "Il primo gol è stato un sollievo immenso, una vera liberazione", racconta Arbore, rivivendo quei momenti. "Il secondo, poi, ha significato il trionfo. La certezza della vittoria". Una vittoria che per Renzo Arbore ha un sapore speciale, un sapore agrodolce, intriso della gioia del presente e della nostalgia per un passato indimenticabile, vissuto con un amico che, in qualche modo, era lì con lui anche stavolta, a gioire per quel Napoli Campione d'Italia.