C'è un'immagine che, più di ogni altra, racconta il precampionato del Napoli: da una parte una squadra che perde e fatica, dall'altra Antonio Conte, a bordo campo, che osserva, incita e, a tratti, sorride tranquillo. Un paradosso che ha fatto interrogare molti tifosi, preoccupati dai risultati altalenanti. Ma la verità, quella che si respira tra Dimaro e Castel di Sangro, è che non c'è nessun allarme. Anzi. Quelle sconfitte sono il segnale che il lavoro, quello vero, sta funzionando.
Il tecnico salentino sembra quasi voler parlare direttamente ai suoi tifosi, dicendo "tranquilli, vi spiego io perché". Dietro le gambe pesanti e i risultati negativi si nasconde la costruzione meticolosa di una macchina da guerra, forgiata nel sudore e nella fatica. Una macchina che sarà pronta a scattare quando i punti conteranno davvero.

"Il prezzo da pagare": la massacrante preparazione di Conte
Il primo, e più importante, motivo di questa apparente difficoltà ha un nome e un cognome: Antonio Conte. Chi ha seguito gli allenamenti del Napoli ha capito che la parola d'ordine è una sola: intensità. Sessioni di atletica durissime, corse estenuanti e lavoro senza sosta. Questa mole di fatica accumulata è il carburante che alimenterà il motore del Napoli per tutta la stagione.
Ad agosto, però, questo si traduce inevitabilmente in poca brillantezza. Le gambe dei giocatori sono imballate, la corsa è meno fluida, la giocata meno lucida. È un "prezzo da pagare" oggi, un investimento sul futuro che l'allenatore ha sempre preteso da ogni sua squadra. E i risultati, alla lunga, gli hanno sempre dato ragione.
Un'infermeria che ha rallentato gli esperimenti
Al carico di lavoro si è aggiunto un altro fattore che ha inevitabilmente condizionato le prime uscite: i guai fisici. Conte non ha quasi mai avuto a disposizione l'intera rosa, dovendo gestire acciacchi e infortuni che hanno colpito pedine fondamentali. Il caso più emblematico è quello di Alessandro Buongiorno, un pilastro designato della nuova difesa, che non ha ancora giocato un solo minuto.
"Sto meglio e lavoro per tornare al più presto. Ho affrontato dei periodi un po' complicati", ha confidato il difensore a DAZN.
Se a lui aggiungiamo i problemi, ora superati, di leader come Meret, McTominay e Politano, è facile capire perché il tecnico non abbia potuto testare al meglio i suoi schemi, costretto a rotazioni forzate e a gestire le energie dei suoi uomini chiave.
Un mosaico da completare: il lavoro sui nuovi
Infine, c'è il cantiere tattico. Il Napoli ha già accolto sei nuovi giocatori, e inserirli in un meccanismo collaudato mentre si cambia sistema di gioco è un'operazione complessa che richiede tempo. Le amichevoli, in questo senso, sono state un grande laboratorio a cielo aperto.
Ecco perché Conte osserva e sorride. Vede i suoi uomini che faticano, che sudano, che assimilano i suoi concetti. Non gli interessa vincere 2-0 contro il Catanzaro o perdere contro il Brest. Gli interessa che i suoi "soldati" siano pronti per la prima vera battaglia del campionato. E ogni goccia di sudore versata in questo ritiro è una promessa: quando il gioco si farà duro, il Napoli sarà pronto a correre più forte di tutti.